Uiguri e lavori forzati: la Cina corre ai ripari.

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La Cina ha da poco ratificato due convenzioni internazionali, entrambe incentrate nella lotta ai lavori forzati. Stiamo parlando della Forced Labour Convention del 1930 e della Abolition of Forced Labour Convention del 1957. La prima proibisce ogni forma di lavori forzati e punisce chi non rispetta questa legge. La seconda proibisce i lavori forzati usati come forma di coercizione politica, punizione o discriminazione. Entrambe queste convenzioni devono essere adattate alle leggi del paese entro un anno dalla sottoscrizione. Gli attivisti che si battono per la causa degli uiguri non hanno accolto la notizia come una buona notizia. Pensano che la Cina stia semplicemente cercando un modo per mascherare alla comunità internazionale i suoi crimini. Gli uiguri internati nei campi di concentramento cinesi vengono infatti usati come manodopera a basso costo. Questa forma di schiavitù è peggiorata con il Covid, data la sempre più crescente domanda di mascherine, guanti e altri dispositivi di protezione individuali: gli internati vengono sfruttati per fabbricare mascherine da vendere poi nei mercati di tutto il mondo. Come racconta la testimone Gulzira Auelkhan, cittadina cinese di 39 anni internata in un campo per due anni, a un certo punto ha iniziato a fabbricare guanti che sarebbero poi stati venduti all’estero. Auelkhan è stata pagata 320 yuan (corrispondenti a circa 48 dollari) per due mesi di lavoro. La testimone ha anche raccontato la sua esperienza all’interno dei campi: ha detto che è stata brutale e che gli internati venivano colpiti alla testa con manganelli elettrici solo per aver trascorso più di due minuti in bagno.

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L’associazione Uyghur Human Rights Project (fondata proprio per denunciare tutti i crimini contro questo popolo) ha commentato così i fatti: “La ratifica delle due convezioni internazionali saranno probabilmente inutili per quanto riguarda la fine dei lavori forzati per gli uiguri”. Il presidente dell’associazione, Omer Kanat, ha portato il problema all’attenzione della Federazione Musulmana della Florida, prendendo la parola al Centro Islamico. Qui infatti si sono tenuti diversi incontro in occasione del Ramadan. Kanat ha sottolineato che, proprio durante questo periodo così importante per i musulmani, agli uiguri non viene permesso di professare la loro religione. 

Continuano intanto le proteste e le manifestazioni organizzate da Uyghur Human Rights Project, questa volta davanti all’ambasciata cinese a Washington. I manifestanti protestavano contro la divisione delle famiglie uigure, che vengono distrutte dalla deportazione. 


2017: iniziano le deportazioni

Nello scorso numero di day by day vi ho raccontato degli attacchi che gli uiguri hanno adottato contro il governo cinese. La risposta è stata quella di classificarli come “terroristi”. Anche qui, purtroppo, non abbiamo notizie certe, ma si stima che i campi di concentramento siano stati costruiti e resi operativi nel 2017. L’idea di costruire i campi di concentramento risale alla prima e unica visita di Xi Jinping, Presidente della Repubblica Popolare Cinese, nella regione dello Xinjiang. La visita è avvenuta nel 2014, proprio l’anno di quelle tremende violenze. A seguito di questi avvenimenti, il Presidente ha avuto una serie di conversazioni segrete con i maggiori esponenti del Partito Comunista, costruendo quella che è la linea offensiva culminata nei campi di concentramento. In una di queste conversazioni Xi Jinping dichiara: “dobbiamo essere brutali quanto loro e non mostrare nessuna pietà”. Inoltre suggerisce al Partito di utilizzare tutti gli strumenti disponibili per sradicare l’Islam nello Xinjiang. Il 30 Aprile 2014, l’ultimo giorno della sua visita nella regione, Xi Jinping disse agli ufficiali che lo accompagnavano che “le persone catturate dall’estremismo religioso – uomini o donne, adulti o giovani – hanno le coscienze distorte, perdono la loro umanità e uccidono senza pensarci due volte”.

Ancora prima dell’elezione di Xi Jinping a presidente, il Partito Comunista aveva più volte descritto gli attacchi nella regione dello Xinjiang come il lavoro di alcuni fanatici appartenenti a gruppi separatisti. Ma Xi Jinping non volle sentire ragione, e sostenne che l’estremismo islamico aveva preso il sopravvento nella società degli uiguri. Il Presidente impose una “cura ideologica”, che ha portato a vedere come possibile nemico non solo il popolo degli uiguri, ma qualsiasi persone di religione musulmana.

Tutti questi fatti sono stati tenuti nascosti dalla Cina e non erano conosciuti da nessun altro paese. Le persone normali come noi, comuni cittadini di un paese europeo, sono venuti a conoscenza dei fatti solo nel 2019, anno in cui il New York Times pubblica dei documenti inediti che riguardano i campi di concentramento. Sono più di 200 pagine.  In questi documenti c’è scritto quello che vi ho raccontato sopra e molto altro. Nel prossimo day by day approfondiremo con attenzione questi documenti. A presto. 


Fonti:

Agence France-Presse. China turns Muslim “re-education” camp detainees into cheap labour force, human rights group claims. (4 Marzo 2019). Articolo pubblicato su: South China Morning Post. China turns Muslim ‘re-education’ camp detainees into cheap labour force, human rights group claims | South China Morning Post (scmp.com)Austin Ramzy e Chris Buckley. “Absolutely No Mercy”: Leaked Files Expose How China Organized Massive Detentions od Muslims. (16 Novembre 2019). Articolo pubblicato su: The New York Times. https://www.nytimes.com/interactive/2019/11/16/world/asia/china-xinjiang-documents.html

Beijing 2022: le Olimpiadi politiche

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Dal 4 al 20 febbraio scorso si sono svolte le Olimpiadi invernali 2022. A ospitare l’evento è stata la Cina. Data la situazione con il popolo degli uiguri, alcune voci si sono fatte sentire. A seguito della violazione dei diritti umani perpetrata da parte della Cina su questo popolo, alcuni paesi hanno deciso di mandare un messaggio politico forte e chiaro: lo scopo era quello di sabotare le Olimpiadi. Questi paesi si sono infatti rifiutati di inviare i propri rappresentati ministeriali; tra questi Stati Uniti, Canada, Australia e Gran Bretagna hanno fatto fronte comune, ai quali si è infine aggiunto il Giappone. Pechino ha promesso che ci saranno ripercussioni per chi ha deciso di prendere la strada del sabotaggio diplomatico. Il Comitato Olimpico Internazionale ha espresso la sua neutralità sulla questione, apprezzando il fatto che non fosse un sabotaggio di tipo sportivo. Gli atleti hanno infatti potuto partecipare ai giochi senza problemi. L’associazione Uyghur Human Rights Project ha organizzato una manifestazione in segno di protesta a Washington, cercando di sensibilizzare sul tema più persone possibili. 

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La risposta della Cina non si è fatta attendere e, possiamo presumere, che fosse già pronta da un po’. È stata scelta come tedofora la fondista Dinigeer Yilamujiang, una uigura proveniente dalla regione dello Xinjiang. È stata proprio lei ad accendere la torcia olimpica durante la cerimonia di apertura dei giochi. Su Twitter i diplomatici cinesi presenti hanno pubblicato video della famiglia dell’atleta in lacrime dalla commozione. Per quanto non si possono negare i successi dell’atleta, non è stata una scelta casuale. O almeno, anche se fosse stato un caso, il governo centrale cinese avrebbe rinunciato a farsi pubblicità su un tema che non vogliono affrontare. È stato un gesto simbolico, una sfida a tutti coloro che hanno tentato il sabotaggio, a tutti coloro che li accusano di violare i diritti umani: “guardate che noi non abbiamo niente contro gli uiguri, anzi, gli facciamo accendere perfino la torcia olimpica” sembrerebbe dire.  

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Perché gli uiguri vengono perseguitati?

Dopo questo primo aggiornamento sui fatti più rilevanti accaduti durante le Olimpiadi, riprendiamo il discorso da dove lo avevamo lasciato. In questo secondo articolo vorrei raccontarvi più nel dettaglio da dove comincia l’odio che la Cina dimostra per questo popolo. Partiamo dal principio: il popolo degli uiguri sono una minoranza etnica e religiosa che ha come terra natia la regione autonoma dello Xinjiang. Gli uiguri sono di religione musulmana e turcofoni: per questa ragione si sono spesso trovati in contrasto con gli han, il gruppo etnico maggioritario della Cina, che da diversi anni emigrano nella regione dello Xinjiang. Gli uiguri subiscono da parte del governo centrale alcune restrizioni, ad esempio: “gli uiguri devono utilizzare una versione del Corano approvata dal governo, le moschee sono gestite da funzionari governativi, gli uomini che vogliono avere incarichi nella pubblica amministrazione sono costretti a radersi la barba e alle donne viene vietato di portare il velo”. 

Il popolo degli uiguri ha sempre cercato di opporsi al potere centrale cinese, manifestando il proprio dissenso anche con atti violenti. L’attuale situazione ha iniziato a precipitare dopo una serie di rivolte violente che durarono diversi giorni a Urumqi, capitale della Regione.  Il 5 luglio del 2009, circa mille uiguri organizzarono una protesta che sfociò in una rivolta, lanciando pietre alla polizia e provocando incendi. La protesta è nata per domandare un’investigazione riguardo una rissa avvenuta tra il 25 e 26 giugno 2009 in una fabbrica di giocattoli. La rissa vedeva gli uiguri contro gli han: un ex dipendente han aveva fatto girare la voce (falsa) che sei uomini di etnia uigura avessero stuprato due donne di etnia han proprio nella fabbrica dove lavoravano. La rissa si è conclusa con due uiguri morti e 118 feriti. Dal 2009 in poi eventi come questo non hanno fatto altro che aumentare, sfociando anche in veri e propri attentati. Il fattore scatenante che ha portato alla decisione di internare questo popolo sono stati una serie di attentati avvenuti nel 2014. Nei primi mesi dell’anno dei militanti uiguri hanno piazzato una bomba nella stazione dei treni di Urumqi, ferendo 79 persone e uccidendone tre12; hanno accoltellato e ucciso 33 persone in una stazione dei treni di Kunming13 , a sud della Cina. Il 22 Maggio 2014, sempre a Urumqi, due automobili hanno travolto la folla di un mercato della città, lanciando esplosivi dai finestrini. Sono morte 31 persone e ne sono rimaste ferite 9414 . Da questo momento in poi gli uiguri vengono etichettati come terroristi dal governo cinese. Si stima che dal 2017 in poi siano stati aperti i campi di concentramento in cui vengono rinchiusi. Gli uiguri vengono portati via nel cuore della notte e subiscono violenze di ogni tipo all’interno dei campi. Le informazioni che ci arrivano sono poche, scollegate e difficili da reperire. Nel prossimo articolo vedremo insieme come il mondo è venuto a conoscenza di questi fatti e come tuttora ci teniamo aggiornati. 


Fonti:

la Repubblica, Gianluca Modolo, Olimpiadi di Pechino, una atleta uiguri per accendere la torcia: la scelta politica della Cina. (5 febbraio 2022) <https://www.repubblica.it/esteri/2022/02/05/news/cina_olimpiadi_atleta_uigura-336564779/ >

The New York Times , Wong Edward, Riots in Western China Amid Ethnic Tension. (5 luglio 2009) <https://www.nytimes.com/2009/07/06/world/asia/06china.html>

Rai News, Tiziana di Giovannandrea, Pechino 2022: Giappone si unisce a boicottaggio diplomatico (24 dicembre 2021). <https://www.rainews.it/archivio-rainews/articoli/Olimpiadi-Pechino-2022-invernali-Giappone-si-unisce-a-boicottaggio-diplomatico-Stati-Uniti-Canada-Australia-Gran-Bretagna-corea-del-Sud-CIO-c5f7abd3-58fa-42b5-a601-4ef728024178.html?refresh_ce >

Uiguri e Cina: una notizia che non fa notizia

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Al giorno d’oggi sono tante le notizie che si affollano su tutti i mezzi di comunicazione. Possono essere notizie di ogni genere, da cruenti fatti di cronaca a Amadeus che bussa alla porta di Fiorello il giorno prima che inizi il Festival di Sanremo. Una cosa che però tutte hanno in comune è che rimangono notizie fino a quando fanno notizia. Ne è un chiaro esempio l’ormai interminabile rassegna di fatti che abbiamo ogni giorno per quanto riguardo l’emergenza sanitaria di Covid19. Da due anni ormai viviamo in una pandemia, e da due anni non sentiamo parlare d’altro. Chiaramente i giornali e affini di qualcosa devono campare, volgarmente parlando: è nei loro interessi quindi darci notizie che possono incontrare un pubblico ampio. Spesso capita quindi che il telegiornale, per fare un esempio, ci racconti una storia che incontra il suo pubblico ma poi, con il passare dei giorni e delle settimane, arriva una storia più attuale, più avvincente, che fa più notizia. A quel punto la prima storia viene abbandonata, nessuno se ne interessa più. Il pubblico non sa come è andata a finire ma nemmeno gli interessa perché se n’è già dimenticato.

 


Chi sono gli uiguri?

In questo universo di storie, ce n’è una che fa notizia di tanto in tanto, e neanche in modo troppo eclatante. Sto parlando della situazione del popolo degli uiguri, minoranza etnica e religiosa della regione cinese dello Xinjiang. Anche io, vittima delle logiche di cui vi ho detto sopra, non ero a conoscenza dei fatti prima di settembre 2020. All’epoca uscì il live action Mulan firmato Disney, film molto atteso che ha generato molti guadagni nonostante la pandemia. Due giorni dopo l’uscita del film, ci si accorse che nei titoli di coda venivano ringraziate le agenzie governative operanti proprio nella regione dello Xinjiang. L’hashtag #BoycottMulan spopolò su Twitter e, vedendolo in tendenza, decisi di capire che cosa stesse succedendo, dato che avevo appena visto il film. Venni così a conoscenza del fatto che il popolo degli uiguri viene ormai da diversi anni perseguitato dal governo centrale cinese. Ma la cosa che mi fece più ribrezzo è che sono stati costruiti dei campi di concentramento, in cui gli uiguri vengono rinchiusi e sottoposti a torture di ogni genere. Il popolo degli uiguri ha sempre cercato di opporsi al potere centrale cinese, manifestando il proprio dissenso anche con atti violenti. L’attuale situazione ha iniziato a precipitare dopo una serie di rivolte violente scoppiate nel 2009 a Urumqi, capitale della Regione. Lo scopo non è quello di ucciderli, ma di estirpare la loro cultura musulmana, ritenuta un pericolo dal governo cinese. Rimasi scioccata dall’entità della notizia e dal fatto che non ne avessi mai sentito parlare. Non intendo dire che sono a conoscenza di ogni fatto accaduto alla storia dell’umanità è che quindi, non sapere di questa notizia, sia per me uno shock. Ma mi ha sorpreso che una notizia del genere non fosse sulla bocca di tutti, su ogni prima pagina dei giornali. Poi mi sono resa conto che se non è stato fatto una motivazione ci sarà. Il motivo è che è una notizia che non fa notizia, almeno che non succeda qualcosa di eclatante come la più grande compagnia cinematografica al mondo che produce un film sul suolo di un genocidio culturale.

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“Day by day

Questa lunga introduzione per dire che la rubrica “Day by day” nasce dall’idea di raccontare una storia che non viene ascoltata e spesso viene dimenticata. Il colore della rubrica si ispira alla bandiera del popolo degli uiguri, che potete vedere nella prima immagine di questo articolo. Nasce dall’idea che, se teniamo il pubblico aggiornato su questa storia, allora forse più persone ne verranno a conoscenza. Ma, soprattutto, spero che più persone possibili si possano appassionare a questa storia come è capitato a me. Purtroppo ad oggi non c’è molto che possiamo fare per cambiare la situazione degli uiguri (almeno che non siate il/la presidente di una nazione, in quel caso il discorso cambia). Una delle poche cose che possiamo fare, e che mi impegno a fare, è una delle azioni più antiche del mondo: il passaparola. Se, come abbiamo detto all’inizio, vengono pubblicate le notizie che fanno notizia, allora cerchiamo di far diventare la storia degli uiguri una notizia che fa notizia. E questo si può fare soltanto parlandone: tra di noi, tra di voi, sulle piattaforme social, sui blog, a scuola, a lavoro, anche per lettera va bene. Un giorno la parola potrebbe arrivare alle più importanti testate giornalistiche e potrebbero pensare che, se la gente ne parla, allora tanto vale parlarne sul giornale. Sono consapevole del fatto che sia un obiettivo difficile, forse irrealizzabile. Nel mio piccolo, insieme alla redazione di SecopLab, vi aggiornerò sui fatti più importanti riguardanti la vicenda giorno dopo giorno. Vi avverto che non sempre avrò qualche novità da comunicarvi. Le notizie che arrivano, come potete immaginare, non sono molte. La Cina ha un controllo dell’informazione molto stringente. Nessun giornalista ha ancora avuto il permesso di poter visitare lo Xinjiang per riferire la situazione. Tutto quello che abbiamo, ed è poco, arriva o da qualche fuga di notizie o da testimonianze di internati che sono riusciti a lasciare la Cina. Nel caso in cui non ci siano novità, vi racconterò di vicende che sono già successe, cercando di essere sempre il più precisa e puntuale possibile. Scusandomi già in anticipo per qualsiasi imprecisione del caso, vi saluto. Alla prossima puntata di Day by day. 


Per approfondire e sostenere la causa: https://www.saveuighur.org/