Intervista a Ugo Biggeri

foto da Banca Etica

Dopo aver ottenuto una laurea in Fisica, Ugo Biggeri consegue il Dottorato in Ingegneria elettronica e ottiene il titolo di perfezionamento in “Gestione ambientale e sviluppo sostenibile” presso l’Università di Trento. Dal 1993 al 2001 è ricercatore e tutor della facoltà di ingegneria di Firenze.

Dal 2009 è docente presso l’Università di Firenze, in varie modalità, per il corso di laurea in sviluppo economico e cooperazione internazionale, e dal 2017 è titolare di un laboratorio sulla finanza etica e microcredito nel corso di laurea magistrale della facoltà economia della LUISS “Guido Carli”.

Tra i fondatori di Banca Etica ha ricoperto la carica di Consigliere di Amministrazione dal 1998 al 2007 e il ruolo di Presidente dal 2010 al 2019. Autore di libri sui temi di finanza etica, ha partecipato alla stesura di “La Fertilità del denaro”, “Il Valore dei Soldi”, “Manuale di finanza popolare” e “Dizionario microfinanza”.

Da Aprile 2011 è Presidente di Etica Sgr. Dal 2017 è consigliere della Global Alliance for Banking on Values e dal 2018 è Vice Presidente di Sharholders for Change, la rete di investitori istituzionali europei che promuove l’azionariato attivo.

È da poco uscito il suo ultimo libro, “I soldi danno la felicità: Corso semiserio di sopravvivenza finanziaria”.

Com’è iniziato il tuo interesse verso il tema della sostenibilità ambientale e sociale?

L’ interesse è cominciato per me molto presto, quando avevo 16 anni, in ambiente parrocchiale. Allora frequentavo la chiesa e sentivo forte il bisogno di tradurre in pratica ciò di cui si discuteva a scuola, perché al liceo c’era molto fervore, nonostante la scena degli anni 80 non fosse un periodo di grandissima attività politica. 

Lì, con un amico, sono entrato in una ONG, Mani Tese, che faceva volontariato sui temi delle disuguaglianze tra nord e sud del mondo, e aspetti sociali. Il tema della sostenibilità ambientale è diventato un tratto forte in seguito, perché ho studiato fisica. Quando alla fine, dopo qualche anno passato in università a fare il ricercatore, mi sono accorto che non era la mia strada, ho cominciato a fare fisica ambientale e quindi mi ha preso molto anche l’aspetto ambientale, in particolare sull’uso delle risorse e sui cambiamenti climatici.

Ad inizio anni 90 era un po’ una novità. Nonostante le difficoltà avevo trovato lavoro in una società di ingegneria ambientale però mi sono reso conto che era una strada difficile. In seguito, di sostenibilità, mi sono occupato perché ho fatto un corso di perfezionamento a Trento proprio sullo sviluppo sostenibile, intorno al 99, ma è diventato un tema fondamentale quando sono stato tra i fondatori di Banca Etica.

BE una realtà che cerca di avere obiettivi strategici, sociali e ambientali quando va a scegliere che tipo di finanziamenti o di crediti fare, e pertanto sei costretto a misurarti nella pratica di dire che cosa è o meno sostenibile.

Quali sono gli investimenti che in questo senso avete realizzato con Banca Etica?

Ad ora lavoro per Etica SGR, un fondo d’investimenti, ma su banca Etica posso dirti alcune cose.

Da sempre ha scelto di mettere tutti i finanziamenti alle persone fisiche sul sito web, cosa che non fa nessuno in Italia, per favorire la trasparenza dei suoi investimenti, e, in secondo luogo, ha scelto di escludere tantissimi settori di finanziamento e sostenere settori legati alla sostenibilità. 

In generale il 50% delle finanze sono attività no profit, quindi o cooperative sociali o associazioni, anche se c’è un buon 25% di imprese profit che però hanno delle particolari attenzioni ambientali e sociali, ad esempio agricoltura biologica piuttosto che le energie rinnovabili o innovazione. Per dirti, nel Mugello, c’è un centro di ricerca legata all’Università di Firenze sulle energie rinnovabili, di nome Re-Cord, una casa per l’Alzheimer, e varie aziende biologiche.

Poi ci sono alcuni progetti particolarmente belli legati ai terreni confiscati alla mafia, in cui si fa agricoltura biologica con cooperative sociali che coniugano tutti quanti questi aspetti.

Con Etica Sgr invece, nel campo degli investimenti, non siamo così vicini alle comunità locali perché i fondi comuni d’investimento devono investire in titoli che abbiano una quotazione giornaliera, e che siano vendibili tutti i giorni, (perché la gente deve poter rientrare tutti i giorni dei soldi che ci ha messo). Perciò si finisce per finanziare in titoli di Stato o in azioni di imprese quotate, quindi anche di grandi imprese. Ovviamente anche qui facciamo scelte ambientali forti, escludendo da 20 anni il petrolio.

Hai fatto delle scelte importanti anche nella tua vita privata in coerenza con quelle che sono le convinzioni che porti avanti, ce ne vuoi parlare?

Sì, diciamo che l’attenzione all’ambiente e al sociale è partita quando ero un adolescente, e ho avuto la fortuna di trovare una compagna che era interessata come me a queste tematiche, ovviamente l’ho trovata dove facevo volontariato (questo ha facilitato). (Ride ndr). 

Più tardi ci siamo resi conto che era un qualcosa che volevamo tenere anche in casa perché altrimenti sarebbe diventato un lavoro o un’attività extra famiglia, che poi finisce per andare in contrasto con la famiglia, quindi ci siamo portati il volontariato in casa, una scelta a volte faticosa, ma che nel nostro bilancio di quasi 30 anni di matrimonio, penso abbia avuto più ricchezza che periodi neri.

Abbiamo scelto di vivere con altre famiglie insieme e di fare attività come agricoltura biologica e di accoglienza, tutte attività che facciamo tra virgolette  nel cosiddetto tempo libero, e che sarebbero molto pesanti da fare in una famiglia da sola, ma che diventano meno totalizzanti  quando sono più famiglie che se ne occupano, basti pensare ad un esempio più banale,  se hai degli animali e se sei da solo devi essere sempre a casa, in più famiglie invece solo due giorni e mezzo a settimana, lo stesso per fare da mangiare si mangia tutti insieme. Ovviamente ti deve piacere fare queste cose altrimenti non puoi farcela, però è una scelta libera. 

Cosa pensi che le persone possano fare nel loro piccolo, e cosa pensi possa spingerle a seguire e far proprie queste tematiche? Quali sono le difficoltà che le persone incontrano in questo senso?

Quando, a volte, le persone vengono qui dove siamo ora (Colle di Vespignano, Vicchio, Mugello) vicino alla Casa di Giotto, gli faccio vedere le colline qua dietro di noi. Sono così da 1000 anni, forse di più. Se guardi nei quadri stessi del pittore le colline sono più o meno come sono ora. Chiaramente adesso c’è qualche palo della luce, qualche capannone con le mucche, ma sostanzialmente il terreno è quello da secoli, e anzi, prima erano ancora più lavorati di ora e c’erano più abitanti. Si trattava di un territorio totalmente antropizzato, ma contemporaneamente sostenibile.

Negli ultimi anni abbiamo perso tutto questo. C’è stata una diseducazione martellante, che ci ha fatto perdere tutti quegli elementi. Una parola meravigliosa del passato è parsimonia, che oggi sembra una bestemmia. Oggi regna il contrario, l’essere spreconi. Con questo però non intendo che si debba guardare al passato, perché c’è un sacco di potenzialità in più oggi per fare le scelte migliori, perciò personalmente non mi faccio prendere dallo sconforto. 

La gente vive tanto di imitazione, ha bisogno di vedere che le cose funzionano, e ci sono alcune cose che mi sembra comincino ad andare in questa direzione. Vedo mia mamma non ha mai voluto fare la raccolta differenziata, ed ora è una fanatica, ha 80 anni e per 70 anni della sua vita se ne è fregata. Adesso ha capito e una volta iniziato sono entrate le abitudini che si radicano. Lo vedo nel mio campo, che è quello del “dove si vanno a mettere i soldi”. Quando è nata Banca Etica, 25 anni fa, sembrava un’idea veramente fuori dal mondo e che a nessuno poteva interessare. 

Oggi sono i giovani il più grande fondo di investimento al mondo.

Il movimento “Fridays for Future”, che credo ci possa dare molte soddisfazioni, ma anche il fenomeno del “green washing”, dimostrano che il tema è sul tavolo e qualche anno fa non c’era, quindi sono in generale positivo, anche se si fa fatica a fare la raccolta differenziata e si continua a comprare la bottiglietta di plastica o non si va al fontanello. Ovviamente si vedono tutte queste cose, ma nel frattempo sono arrivati i sacchi biodegradabili.

Queste cose da sole non genereranno il cambiamento. Non credo che si debba colpevolizzare i cittadini che devono stare attenti a non buttare il tappino in terra perché fanno danno all’ambiente. Certamente loro non devono farlo, ma anche se tutti quanti stiamo attenti il mondo cambierà solo quando la politica metterà una carbon tax, o cambierà le regole con cui si va a produrre. Questa cosa però avverrà solo quando i cittadini lavoreranno in questo senso, perché la politica va solo nella direzione dei cittadini.  

Anche l’abolizione della schiavitù è partita con un movimento di opinione poi riuscita ad agganciare la politica, come le 40 ore di lavoro settimanali, o il diritto di voto alle donne. Sembravano cose impossibili, ma ci siamo arrivati grazie alla spinta dal basso, poi la politica ha regolamentato. Cosa è successo da quando si deve pagare di più gli operai, o da quando non ci sono più gli schiavi? È aumentata la produttività del lavoro. Il mercato si adegua, paradossalmente dei disincentivi fatti bene aiutano l’innovazione.

Per la questione climatica basti pensare anche alle elezioni USA. Biden la prima cosa che fa appena arriva è in questo senso. La scienza ha già deciso da trent’anni. Non aveva diritto politico ma probabilmente adesso sta arrivando, poi che sia efficace o meno non so dirlo, ma le questioni sociali alla fine si sono sempre compiute. 

Ovviamente dovranno essere ripensati tutti i sistemi dei trasporti, approvvigionamenti, e si sa, il mondo è un po’ altalenante, ma sono positivo.

Cosa ne pensi dell’Agenda 2030?

Vuoi che te parli in modo polemico o positivo? (Ride ndr)

In entrambi direi…

Tutto il mondo ha preso 17 obiettivi, tra cui la povertà, l’acqua pulita per tutti, la sanità ecc, e tutti questi punti si legano molto con i diritti umani.

Oggi quasi ogni azienda cerca di capire qual è l’obiettivo degli SDG che può riuscire a soddisfare, ed è una cosa molto importante, perché finora pareva che da un punto di vista economico l’unico obiettivo fosse la sostenibilità economica stessa. Tuttavia un conto è avere come obiettivo il profitto per i propri azionisti, un conto avere come obiettivo la prosperità della comunità in cui lavori, perché il mercato è più efficiente se tutti stanno bene. Ora queste due cose si possono gestire alla stessa maniera: gli SDG si infilano in questa prospettiva perché ti dicono anche se sei un’impresa ti devi occupare della prosperità per tutti, ridisegnando le tre P, “People Planet Prosperity”, invece che Profit. 

La visione polemica viene da Wolfgang Sachs. Lui parla dello sviluppo, e della divisione dei paesi tra sviluppati e non sviluppati, andando a fare anche un ragionamento storico, in cui si evidenzia come da un discorso di Truman, che subito dopo la guerra per opporsi all’idea egualitaria del blocco sovietico, lancia l’idea del sogno americano. Lo stile di vita americano è quello a cui tutto il mondo può ambire, la libertà individuale consente comunque la prosperità di tutti, e lancia così l’era dello sviluppo.

La parola sviluppo si è portata sempre dietro questa cosa, tant’è vero che c’è molta critica sul fatto che a volte si è imposto lo sviluppo, non considerando quelli che erano gli sviluppi possibili a livello locale nei paesi africani ecc…

Sachs scrive un testo in cui dice che gli SDG avrebbero dovuto chiamarsi Survivals non Sustainable, perché di questa idea iniziale dello sviluppo come un motore così che tutto il mondo potesse raggiungere uno stato di benessere, e quindi anche l’economia sarebbe stata traino per il benessere di tutti, siamo ora in una situazione in cui dobbiamo tamponare l’economia per sopravvivere.

Quindi questi diventano necessariamente obiettivi non di sviluppo ma di sopravvivenza. Cerotti che dobbiamo mettere all’economia per non mandare tutto a scatafascio. 

Io credo che abbia molte ragioni su questo. Poi bisogna necessariamente vedere anche la parte positiva, però la critica alla parola sviluppo credo debba essere considerata. 

Joe Biden, verso il rinnovo degli Stati Uniti d’America

Il cambio di rotta

Il periodo da molti considerato come il “malgoverno di Trump” è finito. 

Nonostante l’amministrazione dell’ex-presidente abbia portato avanti alcuni tagli sulle tasse, ha completamente lasciato andare il problema della pandemia, incrinato i rapporti internazionali e bloccato lo sviluppo sostenibile per ridurre l’inquinamento.

Con il nuovo presidente Joseph Robinette Biden Jr. molte cose cambieranno, sotto tutti i fronti.

Sin dalla   campagna elettorale infatti ha sempre portato avanti idee diverse rispetto a quelle di Trump, cercando di proporre politiche di sviluppo molto più similari a quelle di Barack Obama, azioni più moderate che mirano ad uno sviluppo più sostenibile. 

Una somiglianza questa che deriva dalla passata nomina di Joe Biden come Vice Presidente durante, appunto, la presidenza Obama. Quest’esperienza fa ben sperare che l’attuale presidente, avendo già vissuto nella Casa Bianca potrà lavorare con più consapevolezza rispetto a ciò che è stato fatto nei precedenti quattro anni.

I principali fronti su cui sono previsti cambiamenti radicali da parte dell’attuale amministrazione riguardano la gestione della pandemia, il ripristino delle politiche di Obama, le relazioni internazionali e il rapporto con l’ambiente.

Una pandemia da abbattere

Il virus sta dilagando negli Stati Uniti, mentre le misure per contenere l’emergenza sanitaria sono state quasi del tutto inesistenti. Addirittura negli ultimi mesi della presidenza di Trump era stata portata avanti una campagna per scoraggiare l’utilizzo delle mascherine. 

Dato un elevatissimo numero di contagi e di decessi (a dicembre gli USA erano al primo posto in classifica mondiale per contagi da Covid-19), il primo passo da fare per Joe Biden sarà quello di gestire la pandemia, adottando misure drastiche per contenere il diffondersi della malattia. 

Il piano proposto dall’attuale amministrazione riguarda:

  • obbligo nazionale di indossare la mascherina;
  • tracciare il più possibile l’espansione del virus, aumentando vertiginosamente il numero dei tamponi effettuati;
  • rendere più accessibili le cure specifiche per il Covid-19, impedendo alle compagnie assicurative di aggiungere costi extra per questo tipo di terapie;
  • concedere finanziamenti a fondo perduto alle famiglie più colpite dalla pandemia.

Il ripristino delle politiche nazionali

Come accennato all’inizio, una priorità fondamentale dell’amministrazione Biden sarà quella di portare avanti alcune delle importanti azioni su cui la presidenza Obama aveva lavorato, molte delle quali sono state bloccate o smantellate negli ultimi quattro anni.

Prima fra tutte potrebbe essere l’Affordable Care Act, la riforma sanitaria su cui lo stesso Joe Biden aveva lavorato quando era Vice Presidente.

Anche l’educazione sarà un elemento di svolta. 

Il piano della nuova Presidenza prevede di rendere gratuito l’accesso a college e università pubbliche per i membri di nuclei familiari con un reddito inferiore ai 125 mila dollari. E’ stata più volte espressa anche la volontà di abolire il bando a chi arriva da alcuni Paesi a maggioranza musulmana. 

Le relazioni internazionali 

Anche su questo fronte l’amministrazione di Biden ha più volte fatto riferimento ad un cambio di rotta, in campagna elettorale, infatti, Trump è stato ripetutamente accusato di aver isolato gli Stati Uniti nelle relazioni internazionali.

Per questo la nuova presidenza vedrà fra i primi obiettivi quello di ripristinare gli accordi di Parigi sul clima, trattati da cui Trump si era ritirato, e verranno inoltre ripresi gli ormai abbandonati negoziati sul nucleare in Iran. 

Un altro punto fondamentale, com’è stato evidenziato più volte, sarà quello di ritornare alla concessione di finanziamenti alla World Health Organization, soprattutto in tempi come questi.

Il rapporto con l’ambiente

Se fino ad oggi gli investimenti sui combustibili fossili sono stati incentivati per raggiungere il così detto predominio energetico, dal prossimo anno Joe Biden ha in mente di raggiungere lo stesso obiettivo tramite energie rinnovabili, rientrando nell’accordo di Parigi ed azzerando le emissioni di gas serra entro il 2050.

Cosa cambierà con Joe Biden?

  1. Investimenti sull’energia eolica offshore. Gli impianti eolici principali si trovano in Florida e in Virginia, a cui l’amministrazione Biden ha intenzione di dare supporto, contrariamente a quanto era stato fatto con Trump, che ne aveva ritardato i processi autorizzativi;
  2. Limitazioni per petrolio e gas. L’intenzione principale è quella di interrompere la vendita di nuovi contratti per lo sviluppo di risorse petrolifere e di gasdotti sulle terre e sulle acque pubbliche. Un’azione che, secondo gli esperti, avrà una ricaduta principalmente sull’estrazione offshore piuttosto che su quella onshore;
  3. Maggiori difficoltà per progetti infrastrutturali. Il trasporto e la produzione di petrolio e gas saranno sottoposti a processi di autorizzazione più complicati ed attenti agli impatti ambientali;
  4. Più veicoli elettrici. Verranno incentivate le produzioni di veicoli elettrici, creando investimenti per la mobilità sostenibile;

Gli effetti sul settore del carbone

Biden vuole decarbonizzare il settore energetico entro il 2035, il rischio tuttavia è quello di effettuare una transizione verso l’energia pulita troppo rapida, che potrebbe causare la perdita di numerosi posti di lavoro all’interno dell’attuale settore energetico. Il processo è delicato e sarebbe necessario trasferire almeno lo stesso tasso di occupazione all’interno della produzione di energie rinnovabili, per garantire una transizione pacifica e minimizzare gli effetti collaterali.

È previsto infatti che la domanda di carbone da parte del settore elettrico continui a crescere nell’immediato futuro, per poi calare drasticamente fino al 2050.

Concludendo, i cambiamenti della nuova amministrazione saranno concreti e modificheranno la scena internazionale, si spera, in meglio, probabilmente ritornando su una linea quasi identica a quella proposta da Barack Obama.