Life on Land

Goal #15: Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre

Il Goal ha l’obiettivo di proteggere, ripristinare e salvaguardare gli ecosistemi terrestri e la loro biodiversità, promuovere l’uso sostenibile delle foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del suolo. Interessa l’intero pianeta, colpito in ogni sua parte da diverse forme di degrado dell’ambiente e del territorio.
Gli ecosistemi con il loro equilibrio dinamico garantiscono l’aria pulita producendo ossigeno e riducendo le emissioni di anidride carbonica e degli inquinanti, contribuiscono al ciclo dell’acqua e delle sostanze, assicurano uno sviluppo economico sostenibile.
Gli ambienti naturali con la loro biodiversità contribuiscono alla riduzione della povertà garantendo la salute e la sicurezza alimentare, mettendo a disposizione acqua e aria pulite, immagazzinando le emissioni di CO2 e fornendo una base allo sviluppo ecologico.
A causa delle attività umane e del cambiamento climatico, ogni anno spariscono 13 milioni di ettari boschivi, 1/3 delle specie animali è in pericolo di estinzione e il 50% del suolo agricolo a livello mondiale è degradato dall’inquinamento, dal sovra sfruttamento e dalla desertificazione. 

Nel contesto italiano, i progressi sono monitorati principalmente nel campo della protezione degli ambienti naturali e nel contrasto al degrado del territorio e alla perdita di biodiversità. In Italia, secondo il Rapporto ISTAT 2020, il 30% del territorio è coperto da boschi la cui estensione è in aumento (+0,6%) così come la loro densità in termini di biomassa (da 95 a 111 t/ha). La crescita delle aree forestali è positiva in termini di aumento; l’assorbimento del carbonio, comporta tuttavia rischi di degrado, essendo in gran parte il risultato spontaneo dell’abbandono di aree agricole marginali e di una crescente sottoutilizzazione delle risorse forestali con conseguente trasferimento all’estero di parte della pressione generata dalla domanda interna di legno e derivati.
Il consumo di suolo continua ad aumentare (circa 48 km2 di nuove superfici asfaltate o cementificate nel corso del 2018) ; il 7,6% del territorio è coperto da superfici artificiali impermeabili e il 40% presenta un elevato grado di frammentazione, deleterio per la funzionalità ecologica. Molto critica è la situazione della biodiversità: nel nostro Paese sono a rischio di estinzione oltre il 30% delle specie di Vertebrati e circa il 20% delle specie di Insetti classificate nelle Liste rosse italiane delle specie minacciate, mentre continua a crescere la presenza di specie alloctone invasive (in media, più di 11 nuove specie introdotte ogni anno, dal 2000 al 2017).

Occorre dirigersi fortemente verso un drastico cambiamento. L’approccio che abbiamo nei confronti dello sfruttamento delle risorse ambientali ed energetiche deve essere rivoluzionato.

Green Washing

Oggi vi parlerò di coloro che dichiarano di lavorare per effettuare questo cambiamento e salvaguardare l’ambiente, ma che, in realtà, continuano a portare avanti le loro politiche economiche.
Uno dei fenomeni che in questo periodo si sta diffondendo maggiormente, e che va in netta contrapposizione con la necessità di trasformare il nostro approccio al mondo e alle risorse ambientali, è il Greenwashing.
Il greenwashing è una strategia di comunicazione adottata da un brand che si dichiara rispettosa dei principi della sostenibilità ambientale, non accompagnando le parole ad iniziative concrete e tangibili.
In altre parole, il brand che fa greenwashing si attribuisce meriti che non ha nella lotta alle problematiche ambientali, ponendosi come unico fine il godimento dei benefici legati alle etichette bio, eco, green, presso l’opinione pubblica e i media.

Questo fenomeno è tra i più importanti nemici degli obiettivi dell’Agenda 2030.

Il Caso Eni

Eni è una delle aziende risultata colpevole di greenwashing

Greenpeace negli ultimi giorni si è fatta portavoce di una battaglia, contro le politiche portate avanti dalla multinazionale energetica, denominata #LeBugiediEni. Alcuni membri dell’organizzazione fondata a Vancouver, hanno preso posizione di fronte al quartier generale a Roma di Eni, alla vigilia dell’assemblea dei soci. Gli attivisti in kayak hanno aperto degli striscioni mentre nel laghetto all’Eur di fronte alla sede di Eni è stata collocata la riproduzione galleggiante di un iceberg che si scioglie, per rappresentare, viene spiegato, “i drammatici impatti dell’emergenza climatica”.

In questa analisi di Greenpeace, emergono alcune delle politiche portate avanti da Eni, che sono in netta contrapposizione con l’immagine “green” che l’azienda ha dipinto tramite la proprie campagne di comunicazione.Il titolo del Piano che Eni ha presentato parla di completa decarbonizzazione al 2050 (con maggior precisione: emissioni nette 0 al 2050). Obiettivo interessante, se non fosse che in realtà l’azienda prevede di abbattere il 75% delle proprie emissioni di CO2 dopo il 2030, per tagliare solamente il 25% entro il 2030. Ignorando quanto sostiene da tempo la comunità scientifica, ovvero che il decennio 2020-2030 è quello in cui dobbiamo concentrare i massimi sforzi di decarbonizzazione. E negli anni che ormai ci restano fino al 2030, così decisivi per le sorti del Pianeta, Eni che fa? Anche in questo nuovo piano prevede di aumentare l’estrazione di gas, e di continuare a estrarre petrolio: due fonti responsabili dell’emergenza climatica.

Greenpeace Italy activists take action against the oil drilling platform Prezioso, off the coast of Sicily.

Il caso Eni è solo uno dei tanti. 

L’unica soluzione di cui dobbiamo prendere atto è cambiare il paradigma che finora ha guidato la gestione energetica, che si basa esclusivamente su parametri meramente economici.

Le soluzioni giuste devono essere prese immediatamente. Non si può più posporre il tema della transizione ecologica. L’ abbandono dei correnti metodi di produzione di energia basati sui combustibili fossili devono essere abbandonati. Le energie rinnovabili devono essere al centro di questa transizione. Tutti dobbiamo contribuire a cambiare il paradigma attuale. 

L’alternativa si chiama estinzione.