Chi non sa usare le potenzialità della rete e degli strumenti digitali non è ammesso alla vita nella società 2.0 contemporanea.
La frase sopra è una stilettata violenta, ma ben vicina alla realtà di oggi: l’analfabetismo digitale è guaio più grosso di quanto sembri, anche per chi è giovane e viene definito nativo digitale, perlomeno se è nato nei paesi economicamente più sviluppati.
Parlare di questo argomento in un contenuto pubblicato su Internet può suonare curioso. Chi si prenderà la briga di gettare un’occhiata a questo articolo lo farà da un device digitale, che probabilmente usa tutti i giorni e che quindi sa, certamente utilizzare al top. Anzi sarà giunto in questo luogo passando per un link in bio o tramite una storia di Instagram: perciò, doppio colpo. Know how anche dei social!
Help!
Siamo nel 2022 e ormai da due stagioni, video call, download di documenti e registrazioni su siti vari sono diventati di colpo necesse est (anzi, sunt: plurale) per tenere i contatti con altre persone.
I dati del rapporto DESI (Digital Economy and Society Index) 2020, quindi pre pandemia, collocano l’Italia alla posizione 28 su 28 tra gli stati dell’Unione Europea (compresa, ancora, la Gran Bretagna), nell’ambito delle competenze digitali (https://www.agendadigitale.eu/cittadinanza-digitale/alfabetizzazione-digitale-dopo-il-covid-e-necessaria-ecco-perche/). In Europa si viaggia a un’altra velocità.
E nel mondo? Le statistiche dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) del 2019 inseriscono l’Italia al 27esimo posto su 29 paesi rilevati, davanti solo a Cile e Turchia e dietro oltre che a Giappone (1°), Olanda, Finlandia, Stati Uniti, Corea del Sud, Nuova Zelanda, Australia anche a nazioni europee come Lituania, Estonia e Slovenia (https://www.money.it/Classifica-paesi-piu-analfabeti-Italia-prima-in-Europa). Gli Stati Uniti, al contrario delle aspettative, non stazionano sul podio, ma sono solo al 19° posto.
In tutto questo, lasciando l’Italia e l’Europa, le Americhe, l’Asia e l’Oceania, c’è un continente come l’Africa, che è molto discontinuo e in cui in molte zone, soprattutto dell’area subsahariana, mancano non solo cibo, acqua e altri beni di prima necessità, ma pure le connessioni a Internet. Questo è un problema in prima battuta secondario rispetto a questioni alimentari, ma in prospettiva rappresenta il reale ritardo a lungo termine. Chi non si connette, non solo resta isolato dagli altri, ma chi arriva per primo non si ferma. Perciò, non basta avere accesso a Internet per saperlo usare davvero.
4 azioni base da fare con le tecnologie digitali
Per usare al massimo gli strumenti digitali dobbiamo innanzitutto, conoscere le operazioni di base. Queste valgono a prescindere dall’età. Ne vediamo insieme 4, ma la lista è ben più lunga:
- cercare informazioni;
- tenersi in contatto con altre persone;
- acquistare online;
- usufruire di contenuti e crearli.
La prima, come detto, è cercare informazioni su un motore di ricerca. Il più noto è Google, ma non è l’unico. Anzi in alcuni paesi non c’è proprio e lo sostituiscono altri, come Baidu in Cina. Fin qui tutto facile. Questi sistemi funzionano più o meno allo stesso modo, tramite le query, ossia le ricerche, abbiamo risposte praticamente su tutto.
Forse non tutti però utilizzano al massimo questo mezzo. Ad esempio, con i filtri si può cercare per tipo di documento o tramite immagini. Oppure fare una ricerca precisa usando le virgolette o anche escludere delle parole e tanto altro…
La seconda, tenersi in contatto con altre persone, si realizza con metodi vari, dalla posta elettronica ai social network, o con i vari Skype, Zoom, Microsoft Teams, Webex e Google Meet. Non maneggiare questi mezzi significa perdere facilmente i contatti con gli altri, quindi è necessario imparare ad usarli.
La terza, acquistare online, ti aiuta a trovare oggetti particolari, o a prenotare i biglietti per un evento culturale, spendendo molto meno tempo. Quando si usano i soldi però è necessario stare molto attenti a ciò che si fa. Tra i metodi di pagamento tradizionali che si possono usare ci sono carte di credito, di debito, prepagate, bonifici bancari o postali. I bonifici richiedono però qualche giorno di tempo in più. Un’altra possibilità, nata con la rete, sono veri e propri servizi che fanno da intermediario tra la banca e la tua carta, come PayPal o altri simili quali l’italiano Satispay. Un altro modo è il contrassegno, con cui paghi al momento in cui ricevi ciò che hai acquistato. Non tutti accettano però questo meccanismo e di solito ti costa qualcosa in più (https://www.hostingvirtuale.com/blog/quali-sono-i-migliori-metodi-di-pagamento-online-10015.html).
Un’accortezza importante è non dare informazioni personali, dati finanziari e altro online. Il rischio è il phishing (il termine è una variazione di fishing “pescare”), problematica che colpisce anche utenti di giovane età. Il phishing consiste in truffe realizzate principalmente cliccando su un link, che accompagna un messaggio via e-mail o SMS, il quale sembra inviato da un’organizzazione di cui ci si può fidare, come una banca oppure le poste. Il link rimanda a un falso sito che somiglia a quelli ufficiali e se inserisci i dati, puoi perdere i soldi sulle tue carte.
La quarta attività riguarda i contenuti. Youtube e i servizi di streaming facilitano enormemente l’accesso a immagini, canzoni, video e sono un ottimo luogo per imparare qualcosa. Magari a produrre noi stessi quei contenuti che tanto ci piacciono, lavoro molto più dispendioso di fare da spettatori. Già trovare le lezioni giuste è un ottimo primo passo per muoverci meglio, poi una cosa tira l’altra e sarà un piacere riuscire in qualcosa.
Bufala: una parola vecchia per un problema sempre più di oggi
Altra operazione è riconoscere, quando ci servono informazioni, se quello che troviamo è vero. Questo è un bel problema, le informazioni vanno verificate, serve l’attendibilità. È banale, ma non è per niente semplice sapere con certezza cos’è veramente attendibile su Internet. Non commentate su social o siti, se non siete sicuri davvero della fonte, pena il ritrovarsi in situazioni imbarazzanti. Se trovate comunicati su iniziative assurde del Comune di Bugliano, ricordatevi che non esiste!
Su questo vengono in aiuto i siti di debunking, che smascherano le cosiddette bufale, dette anche fake news. Qualche esempio? Bufale.net e Butac, solo per citarne due.
Ma sapete da dove deriva l’uso della parola bufala in questo senso? Prova a spiegarlo l’Accademia della Crusca (https://www.google.com/amp/s/www.linkiesta.it/2017/04/perche-le-fake-news-si-chiamano-bufale-risponde-la-crusca/amp/).
Per Tullio De Mauro deriva dal romanesco e viene attestato nel 1960. Secondo Paolo d’Achille è invece colpa dell’attore ciociaro Nino Manfredi, in uno schetch a Canzonissima del 1959, nel quale spiegava che dei ristoratori romani spacciavano la carne di bufala al posto di quella più pregiata di vitella. Un’altra attestazione del 1956, nel romanzo Un amore a Roma di Ercole Patti, la ribadisce ancora al romanesco, usata per riferirsi a un film brutto.
Secondo un’altra ricerca, le donne degli anni ‘40 portavano scarpe con la suola in pelle di bufala, meno costosa del cuoio. Quando pioveva capitavano incidenti e negli ospedali, ogni volta che arrivavano le vittime di queste calzature, si soleva dire “Ecco un’altra bufala!”. Da qui si sarebbe passati a sinonimo di fregatura, e poi sia a quello di prodotto cinematografico di basso livello, che a quello di notizia falsa.
Attenzione poi, sempre in tema di falsi, anche i deep fake! Video con attori che si muovono e imitano la voce di altri personaggi e che grazie all’intelligenza artificiale, sembrano assumere l’aspetto estetico di politici e celebrità varie. Questo fenomeno, di questi tempi, potrebbe diventare molto pericoloso!
Il mondo è già digitale
Qui abbiamo fatto un piccolo giro sul mondo digitale, senza entrare troppo nel dettaglio, compito che spetta agli informatici. Però, come abbiamo visto, volente o nolente, non si può fare a meno di queste innovazioni, che modificano il modo di pensare. Già a molti servizi vitali si accede solo esclusivamente online (basti pensare all’iscrizione ad una scuola) ed è importante che tutti abbiano la possibilità di sapere usare questi mezzi. Il digitale non è un plus, è già realtà, ma non è mai troppo tardi per mettersi in pari.
Secondo molti, per alfabetizzare il mondo digitalmente ci serve solo un nuovo maestro Manzi, colui che aiutò gli italiani a scrivere e a leggere nella televisione degli anni ‘60. Ma in realtà ce ne sono molti di insegnanti, basta sforzarsi un po’ e avere la curiosità di capire come si muove il mondo.