Uiguri e Cina: una notizia che non fa notizia

Al giorno d’oggi sono tante le notizie che si affollano su tutti i mezzi di comunicazione. Possono essere notizie di ogni genere, da cruenti fatti di cronaca a Amadeus che bussa alla porta di Fiorello il giorno prima che inizi il Festival di Sanremo. Una cosa che però tutte hanno in comune è che rimangono notizie fino a quando fanno notizia. Ne è un chiaro esempio l’ormai interminabile rassegna di fatti che abbiamo ogni giorno per quanto riguardo l’emergenza sanitaria di Covid19. Da due anni ormai viviamo in una pandemia, e da due anni non sentiamo parlare d’altro. Chiaramente i giornali e affini di qualcosa devono campare, volgarmente parlando: è nei loro interessi quindi darci notizie che possono incontrare un pubblico ampio. Spesso capita quindi che il telegiornale, per fare un esempio, ci racconti una storia che incontra il suo pubblico ma poi, con il passare dei giorni e delle settimane, arriva una storia più attuale, più avvincente, che fa più notizia. A quel punto la prima storia viene abbandonata, nessuno se ne interessa più. Il pubblico non sa come è andata a finire ma nemmeno gli interessa perché se n’è già dimenticato.

 


Chi sono gli uiguri?

In questo universo di storie, ce n’è una che fa notizia di tanto in tanto, e neanche in modo troppo eclatante. Sto parlando della situazione del popolo degli uiguri, minoranza etnica e religiosa della regione cinese dello Xinjiang. Anche io, vittima delle logiche di cui vi ho detto sopra, non ero a conoscenza dei fatti prima di settembre 2020. All’epoca uscì il live action Mulan firmato Disney, film molto atteso che ha generato molti guadagni nonostante la pandemia. Due giorni dopo l’uscita del film, ci si accorse che nei titoli di coda venivano ringraziate le agenzie governative operanti proprio nella regione dello Xinjiang. L’hashtag #BoycottMulan spopolò su Twitter e, vedendolo in tendenza, decisi di capire che cosa stesse succedendo, dato che avevo appena visto il film. Venni così a conoscenza del fatto che il popolo degli uiguri viene ormai da diversi anni perseguitato dal governo centrale cinese. Ma la cosa che mi fece più ribrezzo è che sono stati costruiti dei campi di concentramento, in cui gli uiguri vengono rinchiusi e sottoposti a torture di ogni genere. Il popolo degli uiguri ha sempre cercato di opporsi al potere centrale cinese, manifestando il proprio dissenso anche con atti violenti. L’attuale situazione ha iniziato a precipitare dopo una serie di rivolte violente scoppiate nel 2009 a Urumqi, capitale della Regione. Lo scopo non è quello di ucciderli, ma di estirpare la loro cultura musulmana, ritenuta un pericolo dal governo cinese. Rimasi scioccata dall’entità della notizia e dal fatto che non ne avessi mai sentito parlare. Non intendo dire che sono a conoscenza di ogni fatto accaduto alla storia dell’umanità è che quindi, non sapere di questa notizia, sia per me uno shock. Ma mi ha sorpreso che una notizia del genere non fosse sulla bocca di tutti, su ogni prima pagina dei giornali. Poi mi sono resa conto che se non è stato fatto una motivazione ci sarà. Il motivo è che è una notizia che non fa notizia, almeno che non succeda qualcosa di eclatante come la più grande compagnia cinematografica al mondo che produce un film sul suolo di un genocidio culturale.

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“Day by day

Questa lunga introduzione per dire che la rubrica “Day by day” nasce dall’idea di raccontare una storia che non viene ascoltata e spesso viene dimenticata. Il colore della rubrica si ispira alla bandiera del popolo degli uiguri, che potete vedere nella prima immagine di questo articolo. Nasce dall’idea che, se teniamo il pubblico aggiornato su questa storia, allora forse più persone ne verranno a conoscenza. Ma, soprattutto, spero che più persone possibili si possano appassionare a questa storia come è capitato a me. Purtroppo ad oggi non c’è molto che possiamo fare per cambiare la situazione degli uiguri (almeno che non siate il/la presidente di una nazione, in quel caso il discorso cambia). Una delle poche cose che possiamo fare, e che mi impegno a fare, è una delle azioni più antiche del mondo: il passaparola. Se, come abbiamo detto all’inizio, vengono pubblicate le notizie che fanno notizia, allora cerchiamo di far diventare la storia degli uiguri una notizia che fa notizia. E questo si può fare soltanto parlandone: tra di noi, tra di voi, sulle piattaforme social, sui blog, a scuola, a lavoro, anche per lettera va bene. Un giorno la parola potrebbe arrivare alle più importanti testate giornalistiche e potrebbero pensare che, se la gente ne parla, allora tanto vale parlarne sul giornale. Sono consapevole del fatto che sia un obiettivo difficile, forse irrealizzabile. Nel mio piccolo, insieme alla redazione di SecopLab, vi aggiornerò sui fatti più importanti riguardanti la vicenda giorno dopo giorno. Vi avverto che non sempre avrò qualche novità da comunicarvi. Le notizie che arrivano, come potete immaginare, non sono molte. La Cina ha un controllo dell’informazione molto stringente. Nessun giornalista ha ancora avuto il permesso di poter visitare lo Xinjiang per riferire la situazione. Tutto quello che abbiamo, ed è poco, arriva o da qualche fuga di notizie o da testimonianze di internati che sono riusciti a lasciare la Cina. Nel caso in cui non ci siano novità, vi racconterò di vicende che sono già successe, cercando di essere sempre il più precisa e puntuale possibile. Scusandomi già in anticipo per qualsiasi imprecisione del caso, vi saluto. Alla prossima puntata di Day by day. 


Per approfondire e sostenere la causa: https://www.saveuighur.org/